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Intervista a Vittorio Sgarbi

Intervista a Vittorio Sgarbi in occasione della visita guidata del professore al Museo Gipsoteca Canova di Possagno - gennaio 2015.
Possagno rappresenta il luogo dell’incontro con la cultura del Canova, scultore eccelso destinato al mondo che ha lasciato la sua grande eredità d’arte nella sua Casa e, accanto, nella Gipsoteca.


Che portata assume il Museo Gipsoteca Canova nella tradizione artistico-culturale del Paese?

Antonio Canova è l’ultimo artista universale e certamente un riferimento a lui vuol dire la sintesi di tutte le arti dal mondo della Grecia fino alla grande arte italiana del Rinascimento. È la sintesi di tutto. La Gipsoteca è il luogo dove ci sono le sue prime idee, un museo in cui le sue opere non sono congelate come nel marmo, ma sono raspate e ancora calde nella vita. Un luogo in cui Canova si vede sia rispetto alla sua forma finita sia rispetto alla creazione e al movimento delle sue idee. Risistemata da uno dei grandi architetti del ‘900 che è Carlo Scarpa, ci sono tutte le ragioni per essere un luogo frequentato e conosciuto.

In che termini il Canova e il neoclassicismo possono essere accorpati nella visione dell'arte contemporanea?

Colui che l’ha capito meglio è Giulio Carlo Argan, che era piuttosto freddo nel giudizio e lo considera proprio per la capacità che ha Canova di ripetere e riprodurre la bellezza secondo uno schema, perché Canova consegna una forma, che viene riprodotta in marmo e che in seguito può essere duplicata o triplicata. Quindi c’è in lui questa capacità di soddisfare il nostro tempo nella continuità.

Di quale prestigio gode la figura di Canova fuori dall'Italia?

È considerato come in Italia, forse ancora di più, come l’ultimo classico, la sintesi di tutta la civiltà occidentale. Richiamando la celebre frase pronunciata da Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo” e allineandola alla produzione scultorea di Canova si può affermare, che la bellezza non è misurabile, è un assoluto, ma da sola non basta, siamo noi che salvandola consentiamo alla bellezza di salvarci. La bellezza è anche arte, che sfugge al tempo, ponendosi al di sopra di esso. L’uomo è fragile e può morire, ma l’opera d’arte è eterna, vive e sopravvive al suo creatore.

Che cosa gli artisti di oggi possono attingere dalla preziosa "eredità" del Canova presente a Possagno e presso altri contesti importanti?

Tutto. Magari guardassero Canova. Non lo guardano abbastanza. Si può citare Canova come esempio e modello di un’arte contemporanea, perché è qui ed ora, è sempre presente e la sua presenza racchiude in sé l’esistenza stessa.

Essendo stato designato come ambasciatore ufficiale dell'Expo, come pensa di celebrare la memoria del grande maestro scultore durante l'esposizione universale?

Abbiamo ottenuto in prestito la Ebe di Canova, questo capolavoro dei musei di Forlì. Con questo gesto il comune romagnolo ha dimostrato un grande spirito civico, nel comprendere l’importanza di tali iniziative culturali, congiunte all’esposizione universale e finalizzate proprio per il bene di tutto il Paese.

Quali riflessioni avrebbe potuto fare Canova, dinanzi ai possenti Bronzi di Riace?

Li avrebbe presi a modello, sarebbero stati l’opera della sua vita. In essi c’è già tutto Canova: c’è la vita delle origini, della bellezza delle forme del luogo, sono l’opera più canoviana che esista.

Se dovesse scegliere un'opera di Canova, quale le piace particolarmente?

Del Canova l’opera che preferisco è Paolina Borghese. È un’opera assolutamente simbolica, perché poi rappresenta la contemporaneità, la vita di una persona che viene proiettata e vive nell’eterno. Una capacità di esternare il presente. Il presente soprattutto, perché si tratta di un ritratto.

confronto in parallelo tra spirito greco e spirito romano nel comparto artistico.

Se Canova avesse potuto vedere i Bronzi di Riace avrebbe immediatamente riconosciuto in essi ciò che distingue lo spirito greco da quello romano, la differenza tra l’imitazione dell’arte e quella della natura e avrebbe sentito la palpitazione della carne e ritrovato la civiltà, di cui le opere di Fidia sono sintesi e simbolo, cioè la bella natura, come lo sono parimenti le sculture di Canova e le altre esimie sculture antiche.

Il concetto di bellezza nell'arte, come si può inquadrare?

La bellezza è un sentimento dell’armonia verso cui ci si protende e il sentimento di una condizione condivisa insieme agli altri, nel senso che davanti alla bellezza ognuno sente che in parte gli appartiene. I valori universali non sono valori popolari, non è detto che le cose popolari siano universali e che una cosa universale sia popolare. L’universalità è che nel momento in cui si è davanti a una cosa, che non hai mai visto, ma che ha un valore d’arte, lo avverti. Mentre la popolarità spinge a riconoscere una cosa, perché gli altri lo fanno come te, l’arte è la percezione di una condizione condivisa, di un sentimento, che l’opera evoca.


Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi
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Vittorio Sgarbi
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