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Dal Futurismo all’Informale

Nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, presidente del MAG e del Mart, e curata da Alessandra Tiddia, storica dell’arte e curatrice del Mart, la mostra è concepita come un suggestivo viaggio nell’arte italiana del Novecento. Si tratta di un percorso espositivo che esplora e racconta l’ideazione e la sperimentazione di nuovi linguaggi ed espressività: i trentasei capolavori presenti in mostra rappresentano straordinarie testimonianze delle più importanti correnti artistiche del Novecento italiano.

La sezione iniziale è un omaggio al Futurismo: nella prima sala, infatti, troviamo importanti opere di celebri artisti appartenenti a questa avanguardia, come Rissa rustica (1936), Gallo (1937-1938 ca) e Il legnaiolo (19326-1931) di Fortunato Depero in dialogo con i Pappagalli (1929) di Giacomo Balla e i lavori di Gino Severini. Questa prima parte riporta alla mente l’urgenza di questi artisti nel concepire un’estetica quotidiana altra, ripensando linee, forme, contenuti così da rivoluzionare l’ideale estetico del tempo e mettere in atto una ricostruzione futurista dell’universo. A fianco di queste opere si trovano quelle di Tullio Crali e Mino Delle Site, esponenti futuristi della cosiddetta “Aeropittura” che intendevano trasmettere le sensazioni e le emozioni provate durante il volo così da sperimentare una visione vertiginosa del paesaggio.

Si prosegue con Massimo Campigli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico e Giorgio Morandi, artisti che operano a cavallo delle due guerre mondiali e che si distinguono sia per un bisogno di recupero di riferimenti stabili, di porti sicuri dove rifugiarsi a seguito dei disastri provocati dai conflitti, sia per uno riuso della tradizione classica grazie a uno sguardo rivolto all’antico. In questo senso sono emblematici i lavori di Carrà come Natura morta con pesci (1954) e Venezia e la Salute (La Dogana) (1938) che si caratterizzano per forme semplificate e figure sintetiche, oltre a Trovatore (1950), Piazza d’Italia-Pomeriggio d’Arianna (1972) e Figura di Giovane con oggetti metafisici (1969) di de Chirico che reinterpretano la classicità contemplando la rovina e conferendole un senso metafisico ed enigmatico.

Si passa poi all’incontro con esponenti artistici che hanno dedicato le loro produzioni alla riflessione sul segno, il simbolo, la referenzialità di significati e significanti: si tratta di Giuseppe Capogrossi, Gastone Novelli e Carla Accardi. Di quest’ultima, non solo artista ma anche esponente del neo-femminismo italiano, si trovano in mostra Lago artificiale n.2 (Lago artificiale in Sicilia) (1962) e Integrazione (1957): nella prima opera si riscontra un accostamento del colore che provoca una luce più intensa mentre nella seconda si avverte una vibrazione di piccoli segmenti realizzati in bianco su fondo nero che sembrano rappresentare un’enigmatica grafia, un linguaggio sconosciuto.

Chiudono la mostra tre nomi straordinari: Alberto Burri, Antoni Tàpies e Lucio Fontana. Figura. Paisaje en gris (1956) di Tàpies, Sacco combustione (1952-1958) e Bianco Plastica BL1 (1964) di Burri delegano alla materia il significato intrinseco dell’arte, incontrano il materiale inesplorato e considerato povero rispetto al tradizionale, come sabbia, sassi e cocci utilizzati nei loro lavori, e sperimentano una gestualità più istintuale.

La mostra sarà aperta fino al 29 ottobre 2023.

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