di Salvo Nugnes
L’elezione di Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, rappresenta un momento storico per la Chiesa cattolica: per la prima volta, il soglio di Pietro è affidato a un pontefice nato negli Stati Uniti. Ma dietro l’etichetta del “primo Papa americano” si cela una figura ben più profonda e sfaccettata: un uomo di fede e di visione, capace di tenere insieme continenti, culture, sensibilità ecclesiali diverse. Un ponte, appunto. E come ogni ponte, destinato a ricucire, collegare, far passare vita e speranza.
Nato a Chicago nel 1955, Robert Prevost ha radici italiane e francesi, che gli hanno conferito una naturale apertura culturale e spirituale. A 22 anni entra nell’Ordine di Sant’Agostino, e dopo gli studi in matematica, teologia e diritto canonico, comincia una lunga esperienza missionaria in Perù. A Chulucanas e Trujillo si dedica alla formazione del clero locale e alla guida di comunità povere, maturando un legame autentico con l’America Latina, che lo segnerà profondamente.
È proprio lì che incontra Papa Francesco, con il quale condivide la stessa visione pastorale: una Chiesa “in uscita”, vicina ai poveri, alle periferie geografiche ed esistenziali. Un’intesa umana e spirituale che si trasformerà in stima profonda.
Nel 2014 viene nominato vescovo di Chiclayo, e nel 2023 Papa Francesco lo chiama a Roma come Prefetto del Dicastero per i Vescovi, affidandogli il delicato compito di selezionare la nuova classe episcopale. Una nomina che prefigura già il desiderio del Papa argentino di garantirsi una continuità nel segno della riforma e della sinodalità.
L’8 maggio 2025, dopo la quarta votazione del Conclave, arriva la fumata bianca: il nuovo Papa assume il nome di Leone XIV, richiamando la tradizione dei grandi papi riformatori come Leone XIII, e mandando un segnale preciso: tradizione e innovazione possono e devono convivere.
Papa Leone XIV eredita da Francesco una Chiesa attraversata da tensioni interne, da sfide globali – culturali, ambientali, sociali – ma anche da una nuova sete di autenticità e ascolto. Con il suo profilo internazionale, il suo equilibrio, la sua lunga esperienza tra Roma e le periferie, tra il Nord e il Sud del mondo, sembra l’uomo giusto per unire ciò che appare frammentato.
Il nuovo pontefice parla più lingue, ma soprattutto parla molte “culture”. Ha conosciuto la forza dei popoli andini e il rigore della teologia europea, la concretezza americana e il calore della spiritualità mediterranea. In lui si compie quel desiderio di Papa Francesco: una Chiesa capace di camminare insieme, nelle differenze, verso l’essenziale.
Papa Leone XIV non è solo un successore: è un segno di continuità, ma anche di rilancio.